Sul nuovo codice della strada

Sul nuovo codice della strada

Come in tutte le cose vi è un aspetto “reale” e uno simbolico. Come in tutte le cose, la standardizzazione appiattisce l’essere. Come in tutte le cose ciò che ha necessità di essere formalizzato e standardizzato perde spesso, purtroppo, il suo valore dialettico e dinamico.

È conseguentemente educativo, quale fonte di riflessione e di emancipazione.

Andiamo con ordine.

Il principio che, quando si è alla guida bisogna essere presenti a sé stessi, lucidi, per non creare danni a nessuno (oltre che alla propria persona); è un principio universale che indica una condizione dell’essere che è.  Non credo che su questo vi sia nulla, proprio nulla da eccepire.

Se io necessito di un’operazione, o la necessità mio figlio, per esempio, è ovvio che il medico che la esegue deve essere in perfette condizioni psicofisiche per procedere.

Voi fareste operare vostro figlio da un medico che è sotto l’effetto di alcool o di sostanze stupefacenti o di farmaci che incidono sulla sua lucidità?

Se si dovesse utilizzare una macchina pubblica o un mezzo pubblico, voi vi salireste se chi li guida è alterato, ubriaco o altro?

Questo principio universale di autotutela o, meglio, di auto-conservazione, recita un qualcosa che è già in noi.  Ricerca di sicurezza.

Ma il principio di tutela e di autoconservazione  è anche interiorizzato da chi ha fatto una scelta professionale e sa di avere una responsabilità.  Si chiama etica della funzione. E dovrebbe essere un principio anche di chi si mette alla guida.

Essere alla guida ubriachi o sotto l’effetto di sostanze che alterano la presenza a sé stessi, è pericoloso.

Ed è fuori della legge. La legge che deve tutelare i cittadini.

Detto questo, la legge non deve essere in nessun modo punitiva a priori o colpevolizzante a priori.

O essere vessatoria, andando a ledere un principio di libertà soggettiva inalienabile di vivere la propria vita.

Ma la libertà soggettiva inalienabile di vivere la propria vita in libertà non è certo quella di potersi mettere alla guida ubriachi e alterati, vessando gli altri con comportamenti lesivi e pericolosi per la loro vita.

Anche il nuovo codice della strada consente un tasso alcolico “di tolleranza” (il tasso di tolleranza è 0,5).

E questo è rimasto nella nuova legge, tale e quale.

Rispetto ai farmaci io devo essere libero di muovermi in libertà, se il medico mi assicura (e chi meglio di lui) che il farmaco che assumo, da lui stesso prescritto, non preclude la mia capacità di guida.

Ma da sempre, se il farmaco prescritto altera l’attenzione o la percezione o induce sonnolenza, è da sempre che il medico che li prescrive lo premette e indica al paziente di non guidare.

E dunque?

È assolutamente necessario una circolare che superi una falsa equiparazione tra famaci e droghe o alcool.

Perché non sono la stessa cosa. Ma si deve ribadire il concetto che alla guida ci si mette quando si è nelle condizioni di farlo.

Insomma, che cosa è cambiato nel nuovo codice della strada rispetto al precedente riguardo la questione di essere alla guida in condizioni idonee?

È cambiato che il problema non pare essere più la sicurezza stradale.

Eppure, è solo questo che deve essere al centro di qualsiasi codice della strada. Sicurezza stradale, tutela dei cittadini, in particolare delle fasce più vulnerabili come i pedoni, i ciclisti, chi è su moto o motorino.

Invece si sposta l’attenzione non solo reale, ma soprattutto simbolica sui comportamenti di vita delle persone, che nulla c’entrano con la sicurezza stradale, che è e deve essere il soggetto del discorso.

Si può dimostrare che l’assunzione di cannabis o di altre sostanze tre giorni, o anche un giorno prima (per fare un esempio) di quando sono alla guida e mi fermano, ha il potere di alterare il mio stato in essere?

Questa è una domanda lecita.

Ma sempre e solo in relazione alla sicurezza stradale, senza trasformarsi in Catone il Censore.

È questo che si deve verificare. L’idoneità alla guida.

L’idoneità alla guida nel momento in cui guido e sono fermato.  Questo mesaggio deve arrivare chiaro e distinto. Senza se e senza ma.

Ma relativamente alla sicurezza stradale il nuovo codice della strada ha previsto variazioni discutibili. Prevede ad esempio che non via siano più autovelox nei centri abitati, dove vi è l’obbligo dei 50 Km/h.

Ma questo è gravissimo. Ma di questo nessuno ha detto nulla?? 

I peggiori e numerosi incidenti stradali avvengono in città.  Parliamo del 75 %

In particolare, quelli che vedono ancora una volta coinvolti gli utenti deboli. Pedoni, ciclisti, motorini.

E dunque, per chi ha a cuore la sicurezza stradale, gli autovelox non solo devono essere mantenuti, ma potenziati.

Sicuramente omologati, più precisi, corretti nella rilevazione della velocità, adeguati alla loro funzione educativa, preventiva e non vessatoria, e proprio per questo debitamente segnalati. Devono svolgere la loro funzione preventiva.

Insomma, la legge per la sicurezza stradale deve mettere dei limiti, dei perimetri, deve porre in essere dei margini comportamentali, senza andare oltre al proprio ruolo.

Dobbiamo rifarci al concetto di limite così come ci è stato insegnato da greci antichi.

Secondo la concezione greca, il limite non ha una valenza negativa, tutt’altro.

Il limite, se correttamente inteso e non frainteso, deve significare perimetro, delimitazione di una “area”, di uno spazio comportamentale ed esistenziale che definisce l’essere ciò che siamo e consente di esserci in libertà.

La perdita del limite così inteso è scivolamento nella tracotanza.

La violazione del senso del limite significa andare verso l’hybris, la dismisura, l’eccesso, la tracotanza.

Il limite, che la stessa natura ci insegna se solo la sapessimo comprendere , consente un ordine esistenziale e relazionale, al contrario la dismisura diventa eccesso, insolenza e fa saltare tutto quanto.

Ma oltre alle leggi, indispensabili, ciò che fa la differenza ed è necessario e come sempre sottovalutato, se non ignorato, è la cultura della sicurezza, la cultura della cooperazione tra gli utenti della strada, la cultura della tutela della vita.

Dobbiamo puntare sulla consapevolezza, sullo sviluppo della propria identità e personalità che ci fa essere persone perbene, ovvero orientate al bene proprio e degli altri; dobbiamo puntare sulla comprensione ed interiorizzazione di giuste regole comportamentali per la sicurezza stradale che possano tutelare tutti.

Milano, lì gennaio 2025

Associazione A.I.V.I.S.

La Presidente

Manuela Barbarossa