Il giornalista Giovanni Rinaldi  del Quotidiano Nazionale   IL MATTINO   ha in tervistato la Presidente di AIVIS  dott.ssa Manuela Barbarossa e il Vice Presidente  di AIVIS Avv.to  Giuseppe Bellanca a seguito del  gravissimo incidente avvenuto a Milano dove ha perso la vita un avvocato  fermo al semaforo.  Travolto e ucciso da un ubriaco al telefono che viaggiava ad alta velocità.

La interessante intervista che trovate sul Quotidiano Nazionale IL MATTINO di oggi, domenica 13 agosto 2017 , in prima pagina  intitolata ” Va eliminato il patteggiamento ” in relazione alla legge sull’omicidio stradale  è qui integralmente riportata.

«Va eliminato il patteggiamento»

La presidente dell’Associazione vittime della strada: porta a riduzioni delle pene

Morti, feriti, mutilati e paralizzati. Un esercito di vittime della strada che grida giustizia per sé, per i familiari e per i futuri sfortunati. Una montagna di sofferenza raccolta incidente dopo incidente dall’Aivis (Associazione italiana vittime e infortuni della strada). I dati del primo semestre 2017 diramati da polizia e carabinieri parlano di oltre un morto al giorno sulle nostre strade, nonostante la stretta del 2016 avuta con l’introduzione del tanto invocato reato di omicidio stradale. «Una legge chiesta da anni che è finalmente arrivata, che restituisce quel senso di giustizia alle vittime della strada, ma che come tutte le norme italiane presentano ombre dovute spesso alle ideologie di chi le ha emanate», giudizio solo sufficiente espresso da Manuela Barbarossa, psicanalista e soprattutto presidente dell’Aivis, e dal suo vice l’avvocato cassazionista Giuseppe Bellanca, a margine dell’incidente mortale avvenuto in via Ferrari a Milano.

Già conoscete i dettagli del tamponamento di via Ferrari?

«Conosciamo sia la dinamica che la strada. Si tratta di un’arteria già più volte segnalata alle autorità competenti per la sua pericolosità, dovevano essere installati dei dissuasori ma come spesso accade si arriva troppo tardi».

Il peruviano è stato messo in cella, così come prevede la nuova norma, un inter che soddisfa?

«L’omicidio stradale prevede l’arresto obbligatorio in caso di guida in stato di ebbrezza, sotto l’effetto di droghe o alta velocità. Il pm chiede al gip che convalida, nella maggior parte dei casi si va ai domiciliari, ma nel caso specifico si è optato per il carcere visto la recidiva del presunto omicida».

Allora la legge funziona alla perfezione?

«No. La legge rappresenta uno spartiacque per il riconoscimento del reato specifico. Cosa importantissima anche a livello culturale, ma se bisognava semplicemente inasprire l’arresto bastava eliminare la possibilità di patteggiare la pena già dal vecchio reato di omicidio colposo».

Quindi è ancora possibile patteggiare?

«Purtroppo sì, per i reati la cui pena è inferiore a cinque anni è sempre possibile patteggiare, godere di un sostanzioso “sconto”, tornando quindi al punto di partenza».

Scusi ma i dati cosa dicono?

«Ancora non ci sono dati precisi, i nostri associati o gli interlocutori delle forze dell’ordine palano ufficiosamente di un discreto impatto della legge ma con un risvolto particolarmente negativo sul comportamento dei pirati della strada».

Pirati della strada?

«Il fenomeno paradossale è che la legge avendo aumentato esponenzialmente le pene previste per l’omicidio stradale, i conducenti, per paura del carcere, sono istintivamente portati a fuggire

e a non soccorrere le vittime».

Si è andati giù pesante con le pene?

«Basti pensare che ci sono già dei ricorsi di incostituzionalità perché le pene sembrerebbero sproporzionate non tanto rispetto all’omicidio stradale in sè, ma nel quadro generale delle pene previste per altri reati, come ad esempio l’omicidio volontario».

Non si poteva intervenire amministrativamente, introducendo magari l’“ergastolo della patente”?

«Non so se è possibile perseguire legislativamente questa idea, la cosa certa è che se si parte da una sospensione amministrativa fino alla revoca di tipo penalistico. I tempi sono decisi o dal prefetto e dal magistrato che valuta caso per caso a seconda del tipo di reato che è stato commesso».

Quindi una soluzione complementare o alternativa al semplice inasprimento delle pene?

«Si parla troppo poco di prevenzione. I controlli fatti in Italia rispetto ai cugini francesi e tedeschi sono pochi. Abbiamo più agenti degli altri stati appena citati e eseguiamo solo un quarto dei loro controlli. Se chi si mette alla guida sapesse di essere certamente o con grande probabilità controllato, gli incidenti potrebbero essere addirittura evitati e non ci sarebbe bisogno di discutere sulla proporzionalità o meno della pena. E potremmo salvare tante vite».

Manca l’educazione giusta?

«Questo è un nodo inestricabile. Le scuole e le scuole guida dovrebbero prevedere corsi dedicati a far nascere una coscienza del buon cittadino. Tutti non rispettano le regole, il pedone, il ciclista e l’automobilista. Tutti usano la strada come sfogatoio della rabbia e dell’aggressività e anche questo incide sulla probabilità di causare incidenti».