Un contributo del Vice ministro delle infrastrutture e dei trasporti Riccardo Nencini

 È ancora dentro di me il ricordo del 4 marzo 2009. Non un ricordo nitido, anzi un’immagine confusa e senza contorni spazio-temporali, piuttosto un lampo che ha squarciato con violenza una piovosa giornata di inizio primavera.

L’incidente, la degenza in ospedale, la riabilitazione, i segni che ancora porto, la presenza di tante persone che si sono preoccupate, ognuna a modo suo, di dimostrarmi affetto e vicinanza: è ciò che mi resta di un periodo tra i più difficili della mia vita.

Da quel momento tutto è cambiato. Non parlo tanto di una riduzione della mia attività, che a dire il vero, dopo i primi difficili mesi nei quali ho dovuto recuperare a pieno le mie funzioni, si è intensificata, quanto di un cambio di prospettiva, di un nuovo ordine alle priorità.

Posso ritenermi un uomo fortunato, perché quel giorno, viste le condizioni della strada e le dinamiche dell’incidente, ci sarebbero potute essere conseguenze ben più gravi. Per me e per gli uomini della scorta che mi accompagnavano.

È proprio da questa convinzione che il mio approccio alla vita quotidiana è cambiato, si è rimodulato sulla consapevolezza che in un lampo tutto ciò che abbiamo costruito pensando sempre al domani può finire. Per caso, per colpa di una pozza d’acqua, di una piccola distrazione, della fretta di voler arrivare prima.

Sembra retorica ma sono certo che chi condivide con me esperienze del genere possa comprendere le mia parole.

Sono grato all’Aivis di ospitare questa mia breve riflessione e credo che tenere alta l’attenzione sulle tematiche relative alla sicurezza delle nostre strade sia un compito di fondamentale importanza.

La strada è il percorso che ci collega da un luogo fisico all’altro, è anche un simbolo di libertà; la letteratura e la cinematografica sono piene di opere che individuano nel nastro d’asfalto la via verso nuove esperienze, un filo che srotoliamo alle nostre spalle, un qualcosa che ci obbliga a guardare solo in avanti.

Ma la strada può tradirci, segnare il nostro corpo e la nostra anima, come ben sanno tutti coloro che hanno perso familiari e persone care in tragici incidenti.

Dobbiamo fare ancora molto per la sicurezza delle nostre strade, soprattutto rafforzare l’educazione ed il rispetto per le regole. Viaggiare in auto su una strada è una delle tante forme in cui si esercita la convivenza civile, visto che (purtroppo) buona parte delle nostre giornate le trascorriamo seduti al volante o come passeggeri di mezzi pubblici e privati.

Il grado di civiltà di un popolo si misura anche da come questo popolo guida, da come rispetta gli altri e le norme che compongono il codice della strada.

Dobbiamo davvero fare di più, soprattutto per i nostri figli, a partire da quella piaga che è la guida in stato d’ebbrezza che ogni anno fa un numero spropositato di vittime, dall’uso del cellulare, dall’utilizzo della cintura di sicurezza come primo gesto da compiere, dal mantenimento di una velocità consona alla tipologia della strada che percorriamo.

L’educazione stradale riguarda tutti e anche se non potrà mai ridurre a zero gli incidenti sarà sempre e comunque l’unica prevenzione possibile per non mettere a rischio la nostra vita.

On. Riccardo Nencini